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Intervista alla dott.ssa Patrizia Stefanelli. L’etimologia della parola svela già molto, deriva da hippos cavallo e therapeia, cura ed infatti si tratta di una metodologia curativa che utilizza un insieme di tecniche mediche. 
Ne abbiamo parlato con Patrizia Stefanelli, pedagogista esperta di ippoterapia: “il termine viene utilizzato impropriamente: l’ippoterapia è parte di un percorso riabilitativo complesso, che inizia con le tecniche di ippoterapia ma prosegue con la riabilitazione, la fase pre-sportiva ed infine quella sportiva”. 
Il metodo utilizzato è quello della Terapia con il Mezzo del Cavallo (T.M.C.): “un procedimento riabilitativo globale che si prende cura dell’intera persona, sollecitando la partecipazione di tutto l’individuo attraverso competenze fisiche e psichiche, senza mettere in risalto alcun deficit personale”. Ed è proprio in quello spazio aperto e privo di confini della relazione persona/cavallo, che le cure riabilitative trovano terreno fertile. L’atmosfera è quella del gioco sebbene l’attività si strutturi in più fasi. “Quella sportiva promuove inclusione sociale e socializzazione; inoltre è completata da incontri periodici con una psicologa per ampliare l’approccio globale alla persona”. L’età indicata è quella con adolescenti e pre adolescenti (6/18 anni) ma è prevista anche l’attività con i bambini di 0/6 anni con i quali viene messo in atto il maternage: “grazie ai movimenti del cavallo, i bambini si rannicchiandosi verso l’operatore come se fosse un ritorno alla fase uterina”. La terapia è rivolta in modo particolare a chi ha difficoltà motorie, problemi comportamentali/cognitivi come l’autismo o la dislessia ma in generale “bisogna sfatare questo mito e dire che è una disciplina adatta a tutti perché in grado di rafforzare autostima e senso di responsabilità”. Dunque non resta che provare!

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